29 Set 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Start Now!” ovvero: inizia qui e adesso. A fare cosa? A costruire relazioni autentiche, a generare fiducia. Un invito che “pesa oro” direbbe qualcuno, quello che il Gen Verde ha messo a titolo del concerto-workshop, portato sul palco del Tágas Tér Festival, il 25 settembre scorso a Szeged (Ungheria) e che ha visto protagonisti, in otto workshop assieme alle artiste, anche 120 ragazzi di due scuole superiori, tra cui quelli di un istituto professionale frequentato da studenti con alle spalle anche background famigliari difficili. “Tágas Tér che letteralmente significa spazio aperto” – spiega uno degli organizzatori – “è di fatto un grande appuntamento ecumenico che mostra la rete delle centinaia di attività del mondo della solidarietà cittadina. Szeged è a 15 Km dalla frontiera con la Serbia e presente allo spettacolo c’era dunque la gente che assiste e vive quotidianamente il passaggio delle migliaia di migranti, con il mare di domande e dolore che questo porta con sé.
“On the Other Side”: dalla parte dell’altro – All’interno del concerto, molti i brani di “On the Other Side”, l’ultimo lavoro del Gen Verde, uscito meno di un mese fa. Ma qual è “la parte dell’altro”?, sarà venuto spontaneo a molti chiederselo. “È quella di chi mi sta di fronte, di chi la pensa diversamente da me; è quella persona che non stimo, che addirittura rifiuto”, spiega Adriana García, bassista messicana del gruppo. Uno show potente, coinvolgente e allo stesso tempo capace di mettere in discussione posizioni, opinioni e stili di vita come qualcuno ha detto. Perché ciò che emerge dalle musiche e dai testi è la certezza che la strada verso la soluzione a un mondo spaccato e suddiviso da muri, giunge dal saper cogliere la ricchezza insita nella diversità. Tra gli undici brani dell’album c’è la storia del sofferto cammino di un intero popolo nel pezzo “Voz de la Verdad” sul Vescovo salvadoregno Oscar Romero, o la canzone sulla divisione delle due Coree, attualissima e costruita su melodie K-pop, quasi a dire che anche tra i giovani coreani la ferita non ha ancora smesso di sanguinare. “Sono storie che non ci permettono di addormentarci nell’indifferenza – commenta una ragazza – o di dimenticare i nostri fratelli dai quali siamo separati da una frontiera. Abbiamo sentito un forte richiamo, quello di dare persino la vita nella lotta per la giustizia”. “Inutile dire che, forse anche per quello che stiamo vivendo nel nostro Paese con la questione immigrazione, il momento più forte del concerto è stata la canzone “Chi piange per te” – una dolce ninna nanna dedicata ad una bambina sepolta nella tomba azzurra del Canale di Sicilia – ha confidato un’amica che lavora nei media. E il pastore riformato Gábor Czagány, uno degli organizzatori del Festival: “Ciò che mi ha colpito di più sono stati i volti dei ragazzi delle scuole che hanno preso parte ai workshop. C’era gioia, partecipazione, impegno. S’intuiva la portata dell’esperienza fatta: sette giorni che hanno lasciato il segno. Ora tocca a noi fare in modo che tutto questo non vada perso”.
Dai giovani, una speranza di unità – Alessandra Pasquali, attrice e cantante al Gen Verde, ci tiene a puntualizzare che: “Il nostro lavoro non è salire su un palco, cantare, esibirci e ripartire: non possiamo prescindere dalla costruzione di rapporti autentici con le persone, dal ‘fiutare’ cosa vive la gente che viene ad assistere ai nostri concerti, in quali acque navigano i ragazzi con i quali facciamo i workshop”. È per questo che le video-interviste ai giovani partecipanti ai laboratori, proiettate prima dell’inizio del concerto a Szeged erano parte integrante dello spettacolo, perché di fatto lo avevano costruito. Ecco alcune delle voci dei ragazzi: “Il progetto ‘Start Now!’ mi ha aperto gli occhi: mi ha insegnato a non giudicare gli stranieri. E questo richiede lavoro: ci vuole costanza e fiducia”. “Ho imparato come dovremmo prestare attenzione gli uni agli altri”. “Ho capito l’importanza di tenere insieme una comunità e che l’umanità per essere famiglia ha bisogno della collaborazione di ciascuno”. “Sono molto contenta che la mia scuola abbia partecipato al progetto “Start Now!” con l’altra scuola. All’inizio non ci conoscevamo; c’è voluto un po’, ma poi ci siamo guadagnati la fiducia reciproca e ora posso dire che ci muoviamo come un’unica persona, siamo assolutamente contenti”. (altro…)
28 Set 2015 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
La partecipazione come metodo, la capacità di dialogare rispettando non solo idee e convinzioni diverse, ma anche le sofferenze dell’altro; una biodiversità che valorizzi le ricchezze culturali, il non accontentarsi della “giustizia del già, ma cercare quella del non ancora”, trasformare l’indignazione in azione collettiva per cambiare il mondo. Questi i valori che sostanziano le decine di azioni e progetti, espressione della vitalità della società civile italiana oggi. Si è conclusa con una pluralità di voci, azioni e stimoli che partono “dal basso”, in Italia e non solo la sesta edizione di LoppianoLab. Oltre 2.000 le presenze che hanno qualificato il confronto e il dialogo tra imprenditori, politici, docenti, cittadini, giovani, comunicatori e amministratori locali: insomma, la società civile nella sua molteplicità di espressione.

Mons. Nunzio Galantino, Segretario Conferenza Episcopale Italiana
“Non dobbiamo arrenderci alla crisi attuale. Siamo qui per trovare delle luci”. Mons. Nunzio Galantino, segretario CEI, parte dal pensiero antropologico di Antonio Rosmini, grande pensatore, nel suo intervento all’appuntamento culturale di LoppianoLab promosso dall’Istituto Universitario Sophia (IUS) e da Città Nuova, la sera del 25 settembre su “Un’idea di persona, un’idea di società, un’idea di economia. L’umanesimo di Antonio Rosmini”. “Chiudersi all’altro e negare la relazione significa negare sé stessi – continua il segretario CEI, facendo eco alle parole statunitensi di papa Francesco di questi ultimi giorni – occorre recuperare input culturali forti che aiutino l’umanità ad affrontare la crisi culturale prima ancora che umanitaria che il mondo sta vivendo”. Aggiunge poi che è il tempo attuale con i suoi muri, le sue contraddizioni e le sue molte domande esistenziali sul senso e il destino dell’uomo a richiedere una visione unitaria e completa della persona non governata solo dalle scienze, ma fatta anche di spirito, relazione, prossimità. Le piste di LoppianoLab 2015 Cittadinanza attiva – Riprendendo le parole di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, Lucia Fronza Crepaz, coordinatrice progetti Scuola di Preparazione Sociale, Trento, nel convegno centrale del 26 settembre “Oltre la paura”, ha così sostanziato il compito sociale di chi fa politica: “Non vogliamo fare azione ‘per i poveri’, ma con i poveri perché sono soggetti e misura della società che vogliamo costruire e ha indicato la città come “palestra” della fraternità universale. Le ha fatto eco Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food e Terra Madre, confermando che la cittadinanza attiva è il luogo generativo di nuovi contadini, nuove aziende, di consumatori consapevoli. Profonda la consonanza con l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco per la quale ha scritto la prefazione ad una delle edizioni uscite in libreria. “Un’opportunità – ha dichiarato – inaspettata. Di tutto poteva capitarmi nella vita, ma non avrei mai creduto che a 67 anni mi telefonasse un papa, a me agnostico. Questo è nuovo umanesimo. Ne avevamo bisogno. Non esiste oggi al mondo un leader politico più incisivo, visionario, concreto di questo papa”. Il sociologo Mauro Magatti aggiunge: “Se non recuperiamo la dimensione della relazionalità come tratto distintivo della nostra condizione, l’umanità è destinata a soccombere. Bisogna tornare a ‘produrre valore’ insieme agli altri”. 
Luigi Bobba, sottosegretario Ministero del Lavoro – Luigino Bruni, economista
Impegno civile – Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha definito il tempo attuale un vento di novità di cui sfruttare l’energia per dar vita a istituzioni capaci di dar forma al cambiamento. È in piena sintonia l’economista Luigino Bruni quando afferma che le minoranze possono cambiare il mondo e sono capaci di trasformare l’indignazione in azione politica ed economica collettiva. Cultura del dialogo – “È necessario superare la prospettiva eurocentrica, quando si parla di migrazioni: non sono solo un fatto umanitario, ma questione di politica internazionale”. Così Pasquale Ferrara, diplomatico e segretario generale Istituto Universitario Europeo di Firenze. “I migranti sono la testimonianza tragica dei mutamenti storici. Con loro cammina la storia e si rendono manifesti tutti i nodi irrisolti della politica internazionale. Tutti gli uomini sono destinatari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Essa crea una seconda cittadinanza, per questo nessuno può esser considerato clandestino e nessuno illegale”. 
Vincenzo Morgante, direttore TGR Rai – Michele Zanzucchi, direttore Città Nuova
È Vincenzo Morgante, direttore del TGR RAI a dar voce al mondo della comunicazione, osservatorio privilegiato della “capacità” di dialogo nelle comunità italiane. “Attraverso il lavoro delle testate regionali mi rendo conto che la cultura del dialogo c’è, ma non è sufficientemente incrementata. Prevale spesso quella dello scontro. Occorrerebbe parlare un po’ meno dei fenomeni e un po’ più delle storie, delle persone che stanno dentro di essi”. L’edizione 2015 di LoppianoLab si conclude anche con un’ampia partecipazione tramite i Social, ma i progetti, le azioni e l’impegno concreto e quotidiano di migliaia di cittadini continua sul campo. Si lavora a ricostruire un tessuto sociale spesso lacerato, attraverso processi di riconciliazione e ricostruzione di comunità che non siano sono l’assemblaggio di una molteplicità d’interessi, ma capaci di una presa di coscienza personale e collettiva. Fonte: Comunicato Stampa Servizio Informazione Focolari Loppiano Leggi anche: Città Nuova online: Giustizia sociale. Segnali di vita dopo la lunga notte Galantino: la comunione è una risposta alla crisi Essere musulmani al tempo dell’Isis Alleanza uomo-donna (e bambini) Muri contro gli immigrati e l’accoglienza secondo Rosmini GeneriAMO idee Loppiano.it Dalla Convention EdC il microcredito per l’Economia di Comunione Mons. Nunzio Galantino: Solo una visione unitaria della persona può ricomporre le divisioni dell’umanità (altro…)
25 Set 2015 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Susanne Janssen – Direttrice Living City Magazine
«È un segno di speranza per un nuovo slancio nella Chiesa, perché la Chiesa ha sempre bisogno di rinnovarsi per andare incontro alle persone di oggi. Papa Francesco, con la sua autenticità, sicuramente può dare degli impulsi perché la Chiesa degli Stati Uniti possa diventare più come Gesù la vuole: una Chiesa povera, accogliente e senza divisioni. Penso anche che il Papa riesca a spalancare la nostra mente a guardare il mondo. Alcune cose non sono così importanti se pensiamo al dramma dei profughi, alle guerre, ai poveri…». Leggendo i giornali, questo è un viaggio che attrae non solo i cattolici. Cosa si attendono gli americani? «Penso che, come in tutto il mondo, il Papa attragga le persone anche non cattoliche e non cristiane perché osa dire le verità che non sono comode. Così, gli americani si aspettano una grande sincerità, toccando anche aspetti controversi; ma soprattutto si aspettano di toccare da vicino l’amore di Papa Francesco per ciascuna persona. Il “New York Times” si aspetta che i momenti più memorabili della sua visita non verranno dagli incontri di Francesco con uomini politici o vescovi, ma con i giovani, i senzatetto, gli immigrati, per ridare speranza al Paese. Varie testate, come “US Magazine”, “Life Magazine” hanno preparato edizioni speciali su di lui. La Cnn farà un documentario e anche gli altri canali televisivi parlano tanto del Papa». Susanne, tu sei newyorkese: come New York attende il Papa? «Direi, in grande stile, come gli abitanti di New York sanno fare… C’è grande attesa, anche se milioni di abitanti non vedranno il Papa di persona: gli incontri all’Onu e a “Ground Zero” sono riservati. Però, il Papa passerà dalla strada che attraversa il Central Park e ci sarà la al Madison Square Garden, con rappresentanti di diverse nazioni e compagnie. Per la difficoltà di selezionare le persone a cui dare i biglietti, la città stessa ha organizzato lotterie pubbliche via Internet, dando ogni volta 10 mila biglietti. La cosa straordinaria è che appena aperta la pagina web sono stati distribuiti tutti i biglietti in 30 secondi!». Molti capi di Stato e di governo sono a New York per la 70.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove parlerà il Papa. Cosa ti aspetti? «È veramente una possibilità unica. Se c’è qualcuno che può dare una nuova vita alle Nazioni Unite, tante volte impotenti davanti alle crisi, forse è il Papa. È un’autorità morale rispettata anche fuori dalla Chiesa cattolica, credibile perché vive ciò che dice. Speriamo che possa ispirare tanti politici a guardare ai poveri e agli emarginati e a sottolineare che siamo responsabili dei nostri fratelli e più che mai tutti collegati».
Massime sono le misure di sicurezza: come vivete, voi, questo momento? «Non è una cosa insolita qui. Per gli americani – soprattutto a New York e Washington – fa parte della normalità avere queste misure di super-sicurezza. Si pensa che sia meglio fare di più che di meno». La presenza del Papa porta un seme di speranza? «Decisamente sì. Lui porta la speranza perché rimette in evidenza l’importanza assoluta di lavorare per la pace. Il Papa distingue chiaramente tra la religione e l’uso di una religione per fare la guerra. Lui è a favore del dialogo: è una cosa importantissima nel mondo di oggi. Non possiamo fermarci dalla paura dell’altro, dal diverso da noi. Siamo chiamati tutti ad essere fratelli e sorelle». Se potessi dire qualcosa al Papa, cosa gli diresti? «Grazie. Grazie per il suo coraggio e la sua autenticità. Lui dà alla Chiesa un volto nuovo eppure antico: quello di una famiglia in cui ci sono regole, sì, ma soprattutto prevalgono l’amore, la compassione e la benevolenza». Fonte: Radio Vaticana
24 Set 2015 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Abbiamo delle possibilità di reagire alla situazione attuale con forme di riorganizzazione, se vogliamo anche imperfette, ma che mettono insieme i Paesi, e persone di vario ambito. In Europa abbiamo un problema di una unità imperfetta, che bisogna portare avanti, e che oggi con l’emigrazione sentiamo essere indispensabile per il nostro futuro». Lo dichiara Romano Prodi, due volte Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana e già Presidente della Commissione Europea, economista, accademico e politico, in un’intervista a margine dell’incontro dei delegati dei Focolari nel mondo. E continua: « Le ragioni di speranza le dobbiamo costruire in modo diverso, a seconda delle diverse parti del mondo. Quindi abbiamo bisogno di energie che vengono dal basso. In Medio Oriente c’è bisogno invece che i potenti della terra dialoghino fra di loro perché se no non si risolve nulla». È il 21 settembre, e ha inizio al Centro internazionale di Castel Gandolfo la seconda settimana di lavoro, con una sessione dal titolo: “Il mondo tende all’unità. Uno sguardo socio-politico”. Argomento impegnativo, ma coerente e integrato con il tema dell’unità, approfondito quest’anno dai Focolari, e che è trasversale a tutto il programma.
Insieme a Romano Prodi, c’è Pasquale Ferrara, diplomatico, segretario generale dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze, con attività accademica e di ricerca nell’ambito delle relazioni internazionali. «La globalizzazione ha degli effetti positivi – afferma -. Però ha un problema: che non è universale, rappresenta il tentativo di estendere a tutto il mondo un unico modello economico, il modello liberista, e un unico modello che è quello della democrazia liberale in ambito politico». Da qui il suo invito ad «ascoltare le esigenze di tutti i popoli della terra», perché non esistono «popoli di serie A e di serie B, membri del Consiglio di Sicurezza e tutto il resto. Dobbiamo tenere conto di tutte le esigenze espresse da tutti i popoli». Una proposta? «Partire dal basso, costruire la società civile, internazionale. Abbiamo troppa fiducia nelle istituzioni, nei governi, nelle organizzazioni, nelle autorità, che sono importanti. Ma in molte situazioni, soprattutto in società divise all’interno dei Paesi che devono affrontare, ad esempio, processi di riconciliazione, è fondamentale che quest’opera parta dai rapporti interpersonali, dai rapporti intercomunitari, con la consapevolezza che si sta facendo un’opera di ricostruzione politica, civile, sociale e istituzionale». Interventi stimolanti e in dialogo con una platea realmente rappresentativa di tutte le aree del mondo, con le proprie attese, sfide e risorse. I due esperti hanno offerto una lettura documentata sull’attuale situazione sociopolitica mondiale, complessa e in continuo mutamento. Un contributo che ha arricchito la riflessione circa l’ apporto reale di quanti fanno propri gli ideali dei Focolari e desiderano concorrere alla realizzazione della fraternità universale e alla costruzione della pace. Guarda l’intervista completa in italiano: https://vimeo.com/140062041 (altro…)
23 Set 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Da giovedì 17 settembre – giorno del colpo di stato – siamo tutti a casa: scuole, uffici, negozi, tutto chiuso. Scarseggiano la benzina e i viveri, e se riesci a trovare qualcosa, i prezzi sono raddoppiati”, spiega Aurora De Oliveira del Focolare di Bobo-Dioulasso, seconda città del Burkina Faso. Lì la protesta si sente, ma non così forte come nella capitale Ouagadougou (1.500.000 ab.), teatro delle principali vicende dell’ultima settimana dove ci sono stati più di cento feriti e almeno dieci morti. “È una popolazione determinata che non vuole più essere soggiogata. Nelle grandi città del Burkina Faso hanno tutti manifestato, però nella pace. C’è anche tanta paura, non bisogna negarlo, perché la guerra può esplodere da un momento all’altro”. “Le attività a Ouaga – dove è entrato l’esercito – sono rallentate”, scrive Jacques Sawadogo, della comunità dei Focolari nella capitale. “Banche, negozi, stazioni sono chiusi. Vanno avanti piccole attività di sussistenza. Come membri del Movimento a Ouagadougou, cerchiamo di rimanere in contatto, via email o telefonicamente. Cerchiamo di essere artigiani di pace nelle azioni e nelle parole”. Raggiungiamo telefonicamente anche padre Sylvestre Sanou, vicario generale della diocesi di Bobo-Dioulasso. La situazione è in continua evoluzione e si teme che possa degenerare. “C’è sciopero generale in tutto il Paese – spiega p. Sylvestre – In realtà non si è trattato di un vero e proprio colpo di stato, ma dell’irrompere di un piccolo gruppo della Guardia Presidenziale, guidato dal generale Gilbert Diendéré, vicino all’ex presidente Blaise Compaoré, salito al potere con un colpo di stato nell’ottobre 1987 e costretto a fuggire dopo 27 anni, solo nell’ottobre 2014, dopo giorni di protesta popolare. Da allora è rifugiato in Costa d’Avorio. “Il generale Diendéré ha tentato di negoziare la sua immunità, da quanto si capisce, dopo aver agito per tanti anni come mano destra del presidente Compaoré”. Non si tratta dunque di conflitti religiosi, tra musulmani (50%), cristiani (30%) o religioni tradizionali (20%) ma di natura politica. “L’esercito sembra prendere posizione a favore della popolazione, e anche i governatori delle diverse regioni sono contrari al “golpe”; persino nel paese natale di Diendéré è stata bruciata la sua casa. Violenza chiama violenza”, continua p. Sylvestre. “Il 22 settembre siamo stati col fiato sospeso per l’ultimatum dell’esercito, giunto nella capitale da 4 città. Il futuro politico del Paese è incerto, nonostante la mediazione dei presidenti di Benin e Senegal, a nome del CEDEAO (Communauté Economique Des Etats de l’Afrique de l’Ouest) e il ritorno del presidente della transizione del Burkina Faso, Michel Kafando ed anche del primo ministro Isaac Zida (arrestati e poi rilasciati)”. “Ero appena arrivato da un soggiorno nella cittadella “Victoria” del Movimento dei Focolari in Costa d’Avorio e mi sono trovato in questa situazione” conclude p. Sanou.” È stato bloccato il processo in corso che trovava i diversi partiti in dialogo e che stava arrivando ad un certo consenso. Ma ora è tutto saltato. Preghiamo perché si trovi una soluzione senza spargimento di sangue e velocemente. Intanto, con i sacerdoti, religiosi/e e catechisti/e della diocesi abbiamo iniziato, con il nostro vescovo, l’incontro pastorale programmato prima di questi eventi. Ci sembra importante andare avanti e pregare per la nostra gente e il nostro Paese”. “Come stiamo vivendo? All’inizio eravamo arrabbiati, delusi – confida Aurora De Oliveira – perché dopo i fatti del 2014 la situazione politica stava andando bene. A un passo dalle elezioni, previste inizialmente per l’11 ottobre (e adesso spostate al 22 novembre), arriva un gruppo armato e manda all’aria tutto. Questa è stata la prima reazione, che ci faceva sentire il bisogno di protestare. Il passo successivo è stato quello di riconoscere in questo dolore un volto di Gesù Abbandonato, e quindi cercare di rinsaldare l’unità tra noi per poter trasmettere la pace e il perdono. Abbiamo cercato di contattare quanti condividono la spiritualità dell’unità, perché l’amore deve vincere”. “Continuiamo a pregare e a vivere nell’unità più serrata con voi tutti, sicuri della protezione di Maria”, scrive la presidente dei Focolari Maria Voce alla comunità del Burkina Faso, mentre è in corso il raduno dei delegati dei Focolari di varie nazioni, che rende più vicine le attese e i dolori di tante parti del mondo. https://vimeo.com/140074710 (altro…)